Staking e mining di criptovalute: inquadramento fiscale | Fieldfisher
Skip to main content
Insight

Staking e mining di criptovalute: inquadramento fiscale

Locations

Italia

L’Agenzia delle Entrate nel corso del 2022 ha fornito due interessanti risposte volte ad inquadrare, dal punto di vista fiscale, le attività di staking (Risposta n. 437/2022) e di mining (Risposta n. 508/2022) di criptovalute.

I sistemi di blockchain (principalmente criptovalute) si basano su algoritmi di consenso che tendenzialmente vengono ricondotti a due tipologie: proof-of-stake (PoS) e proof-of-work (PoW).

L’algoritmo Proof-of-Stake prevede che la realizzazione di un nuovo blocco avvenga attraverso la messa a disposizione di criptovalute da parte del relativo detentore (c.d. staker); tale attività, ricompensata con l’assegnazione di criptovaluta, è generalmente definita “staking”.

L’algoritmo Proof of Work richiede che i nodi presenti sulla rete eseguano, per tramite del proprio potere computazionale, un complesso calcolo matematico finalizzato alla conferma della legittimità delle transazioni sulla rete; tale attività, ricompensata con l’assegnazione di criptovaluta, è generalmente definita “mining”.

Con riferimento all’attività di staking la remunerazione in criptovaluta è tipicamente dovuta per la semplice indisponibilità di criptovaluta per un certo lasso di tempo al detentore della medesima; con riferimento all’attività di mining, i miners, tra loro in competizione per la realizzazione del calcolo che consente la convalida del singolo blocco, offrono potere computazionale alla blockchain al fine di ottenere l’attribuzione di criptovalute.

Secondo l’Amministrazione finanziaria (Risposta n. 437/2022 - staking), per una persona fisica operante al di fuori dell’esercizio di arte, professione o impresa, la remunerazione dell’attività di staking corrisponde (correttamente) al compenso in criptovalute corrisposto a fronte del “vincolo di disponibilità” delle stesse per il tempo necessario alla produzione e alla convalida dei blocchi della relativa blockchain, cioè di un vincolo di non utilizzo per un certo periodo di tempo, a cui si applica il trattamento dei redditi di capitali (secondo quanto previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera h), del Tuir).

Secondo l’Agenzia rientrano tra i redditi di capitale non soltanto i redditi che siano determinati o predeterminabili, ma anche quelli variabili in quanto la relativa misura non sia collegata a parametri prefissati. Pertanto, se i proventi dall’attività di staking sono accreditati nel wallet da una Società italiana, quest’ultima è tenuta all’applicazione della ritenuta nella misura del 26% (articolo 26, comma 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).

In relazione, alle criptovalute ottenute quale remunerazione dell’attività di mining, l’Amministrazione finanziaria (Risposta n. 508/2022 - mining), richiamando il documento dell’OCSE “Taxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax Policy Issues” ha fornito alcuni chiarimenti circa il trattamento fiscali in relazione all’attività svolta da un’impresa.

In tema di IVA, l’Amministrazione ritiene che le attività rese da un miner non sono inquadrabili quali prestazioni di servizi rientranti nel campo di applicazione dell’IVA nel caso in cui tale attività sia svolta in assenza di una controparte, di un contratto o più in generale di un committente. L’esercizio di tale attività da parte di un’impresa è inquadrabile quale attività fuori dal campo di applicazione dell’IVA con conseguente preclusione del relativo diritto alla detrazione dell’imposta assolta “a monte”.

In tema di imposte dirette, se il compenso per l’attività di mining è rappresentato da criptovalute, l’Amministrazione rammenta che alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali. Tale remunerazione è tassata sulla base del valore normale delle attività ricevute (combinato disposto art. 110 e art. 9 del Tuir).

Inoltre nel caso in cui l’attività del miner non risulti retribuita, poiché il “blocco” è stato risolto da un attore differente, in considerazione della circostanza per cui il servizio (i.e. la messa a disposizione di potere computazionale) è stato prestato, si realizza una perdita su crediti la cui deducibilità sarà consentita sussistendone gli elementi certi e precisi di cui all’articolo 101, comma 5 del TUIR.

In caso di detenzione di criptovalute al termine di ciascun periodo d’imposta, si considera realizzata (e dunque tassata) la differenza tra il valore fiscale iniziale e quello rilevato alla data di chiusura di ciascun periodo d’imposta, in applicazione di quanto disposto dal menzionato articolo 110 del TUIR.

Quanto precede è stato ulteriormente disciplinato con la Legge di Bilancio 2023 (L. del 29 dicembre 2022 n. 197) che ha inserito nell’art. 67 del TUIR la nuova fattispecie delle “cripto-attività”.


A cura di:
Matteo Ceccato
Matteo Colavolpe
 

Sign up to our email digest

Click to subscribe or manage your email preferences.

SUBSCRIBE