Il Decreto Sostegni-ter e l’ennesima stangata alle rinnovabili: arriva il giudizio dell’autorità e la (parziale) rettifica dell'esecutivo | Fieldfisher
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Il Decreto Sostegni-ter e l’ennesima stangata alle rinnovabili: arriva il giudizio dell’autorità e la (parziale) rettifica dell'esecutivo

28/02/2022

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Italia

Il 28 gennaio è stato pubblicato in G.U. il decreto legge n. 4/2022 (c.d. “Decreto Sostegni-ter”).
Il Decreto contiene diversi provvedimenti volti al contenimento dei prezzi dell’energia elettrica che, come noto, da mesi hanno raggiunto importi considerevoli.
Il 28 gennaio è stato pubblicato in G.U. il decreto legge n. 4/2022 (c.d. “Decreto Sostegni-ter”).
Il Decreto contiene diversi provvedimenti volti al contenimento dei prezzi dell’energia elettrica che, come noto, da mesi hanno raggiunto importi considerevoli.

Tra questi, il Decreto Sostegni-ter ha previsto, all’art. 16, una misura applicabile ad alcuni impianti di produzione da fonti rinnovabili, che contiene diversi elementi di criticità, nonostante la parziale rettifica intervenuta con il decreto legge n. 25 febbraio 2022, n. 13 (cd. “Decreto Antifrodi”), il cui art. 5 ha sostituito l’art. 16 del Decreto Sostegni-ter.
 
In sintesi, le nuove disposizioni, destinate ad applicarsi all’energia prodotta dagli impianti tra il 1 febbraio e il 31 dicembre del 2022, prevedono un meccanismo di compensazione, volto, in tesi, ad eliminare i c.d. “extra-profitti” conseguiti da alcune categorie di impianti individuate dalla norma, a seguito dell’aumento del costo dell’energia elettrica.
 
GLI IMPIANTI COLPITI DALLA MISURA E QUELLI ESENTATI

L’art. 16 del Decreto Sostegni-ter prevede che la misura “compensativa” si applicherà agli impianti di potenza superiore a 20 kW:
  1. alimentati dalla fonte fotovoltaica, se beneficiano di premi fissi derivanti dal meccanismo del Conto Energia e non dipendenti dai prezzi di mercato;
  2. alimentati dalla fonte fotovoltaica, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica, che non accedono ad alcun meccanismo di incentivazione entrati in esercizio prima del 1 gennaio 2010 (limite, quest’ultimo, introdotto dall’art. 5 del Decreto Antifrodi, a seguito delle indicazioni di ARERA, cfr. infra)
Al contrario, quindi, esentati dalla misura saranno – tra gli impianti incentivati – quelli fotovoltaici che hanno avuto accesso a tariffe incentivanti legate all’andamento dei prezzi di mercato (è il caso degli impianti superiori al megawatt che hanno avuto accesso al Conto Energia 5), nonché gli altri impianti a fonte rinnovabile incentivati tramite meccanismi diversi dai Conti Energia (ad esempio, tramite Tariffa Onnicomprensiva di cui al D.M. 18.12.2008, Decreti cd. “FER” 6 luglio 2012 e 23 giugno 2016).
 
Quanto agli impianti non incentivati, invece, soltanto gli impianti alimentati a biomassa, biogas, gas da discarica e gli impianti solari termodinamici dovrebbero essere esenti dalla misura.
 
COME SARÀ APPLICATA LA MISURA

La compensazione degli eventuali importi (“extra” o “sotto” profitti) avverrà mediante versamento a favore del (o da parte del) GSE, ente deputato alla gestione dei diversi meccanismi incentivanti, di un importo pari alla differenza tra:
  1. un prezzo di riferimento, indicato alla tabella 1 (che sembrerebbe corrispondere al prezzo zonale medio rilevato nel periodo compreso tra la data di entrata in esercizio del singolo impianto fino al 31 dicembre 2020, secondo la formulazione originariamente utilizzata dal Decreto Sostegni-ter; e
  2. il prezzo zonale orario di mercato corrente oppure, per i soli impianti idroelettrici diversi da quelli ad acqua fluente, la media aritmetica dei prezzi zonali orari di mercato.
Ora, benché dalla misura potrebbero – in astratto – derivare anche posizioni di credito per i titolari degli impianti, alla luce dell’attuale livello del prezzo zonale orario, di gran lunga superiore rispetto a quello registrato negli anni precedenti al 2021, ci si attende che la misura determinerà, per i produttori, notevoli importi da restituire. Del resto, il comma 4 dello stesso art. 16 prevede, in relazione alla sorte dei proventi derivanti dall’applicazione della misura, che gli stessi vengano versati in un fondo istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) e portati a riduzione del fabbisogno a copertura degli oneri generali afferenti al sistema elettrico. Non a caso, nulla è disposto per l’ipotesi contraria (e cioè per gli  importi da erogare a favore degli operatori) e, inoltre, come emerge dalla relazione tecnica che ha accompagnato il Decreto, il Governo prevede di ricavare, dall’applicazione della misura, un gettito pari a circa 1,5MLD di Euro.
 
Quanto sopra, infine, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 5 del Decreto Antifrodi, non si applicherà all’energia oggetto di contratti di fornitura conclusi prima della data di entrata in vigore del 27 gennaio 2022, a meno che gli stessi (i) non siano collegati all’andamento dei prezzi dei mercati spot dell’energia e che (ii) il prezzo medio contrattualizzato non sia superiore del 10% rispetto al prezzo zonale orario medio degli anni precedenti.
 
LE CRITICITÀ DEL PROVVEDIMENTO E LE IPOTESI DI ILLEGITTIMITÀ DELLA MISURA

Il Decreto ha attribuito all’ARERA - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, l’adozione di un provvedimento attuativo, entro l’ultima decade del mese di marzo, a seguito del quale (ma anche alla luce delle modifiche della disciplina che dovessero intervenire in sede di conversione in legge) sarà possibile valutare gli impatti concreti della misura e le iniziative a tutela della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e gli investimenti realizzati.
 
Già ora, tuttavia, le nuove misure destano perplessità sotto molteplici profili, da valutare anche alla luce delle decisioni della Corte Costituzionale che, nel recente passato, ha da un lato ritenuto incostituzionale la Robin Tax (sentenza n. 10/2015) e dall’altro giudicato invece conforme la misura di cui al D.L. 91/2014, meglio nota come Decreto Spalmaincentivi (sentenza n. 16/2017), poi confermata anche dalla Corte di Giustizia UE (sentenza del 15 aprile 2021 - cause riunite C-798/18 e C-799/18).
 
In primo luogo, si può dubitare che l’applicazione della misura anche agli impianti che non percepiscono incentivi sia rispettosa dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, dal momento che tali impianti sono stati oggetto di investimenti esclusivamente privati e non hanno comportato esborsi di denaro pubblico, gravante sugli oneri generali di sistema. In tali casi la misura genera, di fatto, un vero e proprio extra-costo, del tutto imprevedibile al tempo in cui l’investimento è stato realizzato. Nemmeno convincente appare, al riguardo, la relazione governativa di accompagnamento al Decreto Sostegni-ter, secondo cui gli impianti FER non incentivati traggono un indebito beneficio dall’attuale livello dei prezzi di vendita dell’energia elettrica all’ingrosso, il cui aumento sarebbe legato principalmente alla lievitazione del prezzo del gas che si riflette sui costi marginali di produzione dell’energia elettrica per le centrali a gas. In altri termini, per gli impianti FER non incentivati, all’extra-profitto generato dall’attuale livello di prezzi all’ingrosso non corrisponderebbe alcun extra-costo, a differenza delle centrali a gas.
Per quanto tali motivazioni – in tesi – appaiano ragionevoli, l’intervento governativo finisce comunque per alterare le normali dinamiche di un mercato concorrenziale, quale quello dell’energia elettrica.
 
Sotto tale profilo, non appare determinante – in senso contrario agli operatori – quanto deciso dalla Consulta con la richiamata pronuncia sul Decreto Spalmaincentivi, che aveva ritenuto la misura non lesiva del legittimo affidamento degli operatori, alla luce del quadro normativo e regolamentare determinato dal Conto Energia. Un quadro normativo tuttavia assente, nel caso di specie, dal momento che la misura andrebbe a colpire non l’entità dell’incentivo ma il profitto derivante dalla vendita dell’energia sui mercati all’ingrosso.
 
L’imposizione “repentina” di tali misure agli impianti incentivati appare dunque assimilabile a un “prelievo forzoso” su impianti, di natura sostanzialmente fiscale, e la cui legittimità dovrebbe pertanto essere valutata alla luce delle considerazioni mosse dalla Corte Costituzionale con riguardo alla cd. Robin Tax, giudicata incostituzionale in virtù della discriminazione, non supportata da adeguata giustificazione e dunque arbitraria, operata dalla norma rispetto ai redditi conseguiti solo da alcuni soggetti operanti nel settore energetico e degli idrocarburi.
 
L’OPINIONE DI ARERA  

Diverse criticità sono state sollevate anche da ARERA nella memoria indirizzata al Senato in vista della conversione in legge del Decreto Sostegni-ter, alcune delle quali recepite con le modifiche alla disciplina introdotte con il Decreto Antifrodi.
In particolare, l’Autorità aveva anzitutto criticato l’estensione della misura tout court agli impianti non incentivati, in particolare a quelli di più recente realizzazione, in quanto il rischio di copertura dei costi di investimento non è, in questi casi, mitigato dagli incentivi statali e, dunque, valutazioni in merito ai presunti extra-profitti appaiono meno giustificabili sotto il profilo economico. Sulla scorta di tali considerazioni, l’Esecutivo, con il Decreto Sostegni-ter, ha effettivamente limitato l’applicazione della misura agli impianti non incentivati realizzati in epoca più risalente (ante 2010).
 
Dall’altro lato, diverse altre criticità sollevate dal l’Autorità nella memoria inviata al Governo, non hanno trovato risposta alcuna nelle modifiche introdotte con il Decreto Antifrodi. In particolare, ARERA ha rilevato, da un lato che, così come impostato, il meccanismo non intercetta i margini-extra eventualmente realizzati da trader e venditori al dettaglio, favorendo così gli operatori verticalmente integrati e, dall’altro lato, che appare molto difficile l’attuazione della misura nei casi di operatori titolari di un “portafoglio” di impianti, alcuni a fonti rinnovabili, altri a fonti fossili, o di contratti di natura diversa e difficilmente comparabili (ad esempio i contratti di hedging, di natura finanziaria).
 
Alla luce di tali considerazioni, quindi, ARERA aveva auspicato che in sede di conversione del Decreto si prevedesse la non applicazione della misura agli impianti che non godono di incentivo e che, di converso, la stessa sia applicata non in via transitoria ma per tutta la durata residua dell’incentivazione feed in premium.
 
Modifiche, in ogni caso solo parzialmente recepite dal governo con il Decreto Antifrodi, che, tuttavia, non avrebbero superato le perplessità espresse circa la legittimità costituzionale della misura, che la stessa Autorità ha segnalato nella propria memoria.
 
In attesa di conoscere le modalità attuative della disciplina che ARERA dovrebbe presto pubblicare, le perplessità circa la legittimità costituzionale della misura e le azioni che gli operatori sono pronti ad azionare potrebbero consigliare all’Esecutivo ulteriori modifiche in sede di conversione in legge del Decreto.

A cura di:
Avv. Giorgio Castorina - Team Energy
Avv. Federico Chiopris - Team Energy
 

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