Il rischio penale derivante dalle disposizioni per il contenimento del contagio da Covid-19 | Fieldfisher
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Insight

Il rischio penale derivante dalle disposizioni per il contenimento del contagio da Covid-19

24/03/2020

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Italia

1. Le misure di contenimento e l’autodichiarazione

Le misure finalizzate a contenere il rischio epidemico da Covid-19 stanno significativamente incidendo sulla libertà di circolazione di ognuno di noi. Libertà garantita dall’art. 16 Cost.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (c.d. DPCM) dell’8 marzo 2020 ha temporaneamente limitato la libertà di spostamento nelle sole ipotesi di: i) comprovate esigenze lavorative; ii) situazioni di necessità; iii) motivi di salute; iv) rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. L’art. 1, lett. z), DCPM dell’8 marzo 2020 ha disposto, altresì, il divieto assoluto di mobilità per le persone in quarantena o positive al virus. L’art. 2 DPCM del 9 marzo 2020, infine, ha vietato ogni forma di assembramento in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Tali misure, inizialmente applicate alla Lombardia ed altre 14 province, sono state estese all’intero territorio nazionale con il DCPM del 9 marzo 2020.

L’evolversi della situazione emergenziale ha portato all’adozione, inoltre, del DPCM del 22 marzo 2020 che, nell’intento di limitare ulteriormente gli spostamenti ed il conseguente rischio di diffusione del Covid-19 (oltre a stabilire la chiusura di attività commerciali e produttive ritenute non essenziali o strategiche, cfr. All. 1 al DCPM), ha eliminato, all’art 1, co. 1, lett. b), la possibilità di poter rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza e ulteriormente circoscritto la libertà di spostamento, vietando il trasferimento in un comune diverso da quello in cui ci si trova, salvo che per “comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”. Da sottolineare come la precedente formula “situazione di necessità” sia stata sostituita dalla più rigida prescrizione di “assoluta urgenza” che sembrerebbe richiamare il concetto di “esigenze indifferibili”.

Con direttiva dell’8 marzo 2020, inoltre, il Ministero dell’Interno ha precisato che l’onere di giustificare la sussistenza delle ragioni che legittimano lo spostamento, gravante sull’interessato, può essere assolto con un’autodichiarazione ex art. 46 e 47 D.P.R. n. 445/2000. Il 17 marzo u.s. il Ministero dell’Interno ha reso disponibile sul sito istituzionale una nuova versione di autodichiarazione, che comprende, tra l’altro, l’attestazione di non essere in quarantena e di non essere positivo al Covid-19.

La delicatezza dell’emergenza e la severità delle misure imposte, nonché le informazioni che costantemente vengono propalate dagli organi istituzionali e di stampa, impongono di approfondire le conseguenze penali che possono derivare dalla violazione delle prescrizioni ovvero dall’omessa o falsa autodichiarazione.

2. Le sanzioni penali per la violazione delle misure di contenimento del rischio epidemico

Sia il D.L. 23 marzo 2020, n. 6, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19”, convertito in L. 5 marzo 2020, n. 13, sia il DCPM dell’8 marzo 2020, espressamente richiamano il reato di “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” di cui all’art. 650 c.p. nell’ipotesi di mancato rispetto delle misure di contenimento.

Trattasi di fattispecie incriminatrice che prevede la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda fino a euro 206,00 per chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene.

L’art. 650 c.p. configura un reato contravvenzionale, integrato indifferentemente a titolo di dolo o colpa. Risulterà quindi ingiustificabile qualsivoglia negligenza, considerando che l’ordinaria diligenza consente di conoscere i trasferimenti consentiti e quelli vietati e, in caso di dubbio, dovrebbe applicarsi la regola della maggior prudenza, finanche astenendosi dall’agire.

Nell’ipotesi di un controllo da parte delle Forze dell’Ordine, all’interessato – che si sia spostato in violazione delle misure di contenimento accertate a seguito di verifiche – non verrà elevata alcuna sanzione, ma verrà fatta una comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica competente per territorio che procederà alla iscrizione nel registro degli indagati e all’apertura di un procedimento penale. Né, tantomeno, sarà possibile procedere all’arresto o al fermo.

Solo all’esito di una valutazione sull’insussistenza di legittime giustificazioni al trasferimento, il Pubblico Ministero potrà procedere all’esercizio dell’azione penale nei confronti dell’indagato che abbia trasgredito le misure di contenimento. Trattandosi di contravvenzione punita con pena alternativa (arresto o ammenda), è presumibile che il Pubblico Ministero proceda, nella maggioranza dei casi, a richiedere al Giudice per le Indagini Preliminari l’emissione di un decreto penale di condanna a cui potrà essere fatta opposizione con contestuale richiesta di oblazione. Il pagamento della somma di euro 103,00 (la metà del massimo dell’ammenda, ex art. 162 bis c.p.) consentirà di estinguere il reato, ottenendo sentenza di proscioglimento di non doversi procedere.

Tuttavia, il Pubblico Ministero, nell’ambito della valutazione di merito sulla condotta effettivamente tenuta dalla persona che si sia spostato senza valida giustificazione e abbia violato le misure di contenimento, potrebbe ritenere integrato il più grave reato di cui all’art. 260 R.D. 27.07.1934, n. 1265 (Testo Unico delle leggi sanitarie), contravvenzione che punisce, con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 (euro 20,66) a lire 800.000 (euro 413,17), chiunque non osservi un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusone di una malattia infettiva dell’uomo.

L’eventuale contestazione di tale ipotesi di reato – indicata come possibile, almeno secondo fonti giornalistiche, anche dal Procuratore della Repubblica di Milano – impedirebbe di poter accedere all’oblazione c.d. facoltativa (pagamento di una somma di denaro per estinguere il reato, come nel caso dell’art. 650 c.p.), ma richiederebbe di attivare una difesa tecnica nel merito o, in alternativa, di richiedere la sospensione del processo con messa alla prova ex art. 168 bis c.p., istituto che conduce all’estinzione del reato (analogamente all’oblazione) nell’ipotesi in cui le condotte proattive richieste dalla normativa siano poste in essere dall’interessato con esito positivo (in estrema sintesi: risarcimento del danno, eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, affidamento ai servizi sociali e svolgimento di lavori di pubblica utilità).

Appaiono, infine, delle vere e proprie “ipotesi limite” quelle di soggetti che, consapevoli di essere contagiati, violino le prescrizioni mettendo in ulteriore pericolo la salute e l’incolumità di altre persone. In tali casi, si dovrà valutare, con il consueto rigore che il diritto penale richiede, la sussistenza di tutti gli elementi necessari per integrare fattispecie di reato più gravi di quelle appena richiamate.

Dovrebbe invece escludersi la possibilità di configurare il reato di epidemia colposa, se non addirittura dolosa (artt. 438 – 452 c.p.), considerando che ad oggi, a livello globale, l’OMS è già intervenuta per dichiarare la “pandemia” e, quindi, attestare la sussistenza dell’epidemia da Covid-19. Appare improbabile che chi violi le misure di contenimento (divieto di assembramento o distanze di sicurezza) senza alcuna precauzione possa essere ritenuto responsabile di una epidemia che, a conti fatti, è già in atto.

3. Le sanzioni penali per le falsità contenute nell’autodichiarazione

In sede di un controllo da parte delle Forze dell’Ordine, finalizzato a verificare l’osservanza delle disposizioni dettate per contenere la diffusione del Covid-19, l’interessato ha l’onere di rappresentare la sussistenza delle ragioni che legittimano il proprio spostamento.

È doveroso premettere che la mancanza del modulo di autodichiarazione compilato non costituisce, di per sé, una violazione sanzionabile, non sussistendo una norma che imponga un tale mero adempimento formale. All’interessato, quindi, è consentito compilare sul momento una copia in bianco dell’autodichiarazione (in questo senso la precisazione è fornita sempre dalla direttiva del Ministero dell’Interno) ovvero di fornire una dichiarazione orale che viene verbalizzata dagli accertatori.

La prudenza e l’opportunità di agevolare le verifiche da parte delle Forze dell’Ordine potrebbero suggerire di portare, in ogni caso, se possibile, la dichiarazione cartacea con sé ed esibirla in caso di controllo. Si precisa che la Polizia Postale, con nota del 19 marzo u.s., ha escluso che la dichiarazione cartacea possa essere sostituita con una dichiarazione elettronica salvata su device.

Entrando nel merito delle possibili falsità penali, viene in rilievo il reato di cui all’art. 495 c.p. che punisce, con la reclusione da uno a sei anni, la condotta di chi dichiari o attesti il falso al pubblico ufficiale sull’identità, sullo stato o su altre qualità proprie o dell’altrui persona. Si deve precisare, per fare chiarezza, che tale reato non è integrato nell’ipotesi in cui la falsità attenga alla motivazione addotta per giustificare lo spostamento, ma da ipotesi differenti (si pensi a chi dichiari il falso circa le proprie generalità, come, ad es., “Ajeje Brazorf” nel noto sketch del trio comico “Aldo, Giovanni e Giacomo”).

Nell’ipotesi in cui, invece, la falsità attenga al motivo del trasferimento in violazione delle misure di contenimento, potrebbe essere contestata la previsione di cui all’art. 76 D.P.R. n. 445/2000 (falsificazione di dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di notorietà), per cui le “dichiarazioni fatte ai sensi degli artt. 46 e 47 sono considerate come fatte a pubblico ufficiale”, che prevede l’applicabilità delle disposizioni penali in materia di falsità ideologica commessa dal privato, ex art. 483 c.p. Tale rischio penale è da valutare anche in considerazione del DPCM del 22 marzo 2020 che ha sostituito, tra le giustificazioni spendibili, le “situazioni di necessità” con quelle di “assoluta urgenza”, al fine di pretendere, si deve desumere, un maggior rigore nel valutare l’indifferibilità delle situazioni.

Tuttavia, in ottica difensionale, l’eventuale contestazione di tali fattispecie incriminatrici potrebbe essere replicata – a seguito di specifica valutazione del caso concreto – con il principio del “nemo tenetur se detegere”, secondo cui chi ha commesso un illecito penale (nel caso di specie, chi ha violato le prescrizioni integrando la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p. o altro più grave reato) non può essere obbligato a rendere dichiarazioni veritiere e contro il proprio interesse (auto-incriminazione).

4. Il rischio penale del sequestro del veicolo

È stato evocato, da ultimo, nella Direttiva (n. 5/2020) della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma, la possibilità di procedere, nel caso di spostamenti in violazione delle misure di contenimento, al sequestro del veicolo.

In questa prospettiva, si dovrebbe ritenere che il veicolo non sia mero strumento occasionale di realizzazione del reato, ma strumento essenziale, essendo grazie al veicolo che lo spostamento illecito viene realizzato. Il rischio, da considerare solo per le ipotesi più gravi e che, prima facie, appaiano in palese violazione delle misure di contenimento del rischio contagio, è quello che in occasione del controllo, le Forze dell’Ordine procedano al sequestro preventivo c.d. impeditivo del veicolo, ex art. 321, co. 1, c.p.p., indicando l’interessato/trasgressore quale custode del veicolo.

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Avv. Prof. Stefano Putinati - Responsabile del Dipartimento di Diritto Penale
Avv. Alessandro Keller - Senior Counsel

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